Basilio e la dinastia dei Cascella

Basilio

Quella dei Cascella è senza ombra di dubbio la dinastia di artisti abruzzesi più longeva che percorre oltre un secolo di storia, a partire dal punultimo decennio dell’Ottocento fino ai nostri giorni, coinvolgendo ben cinque generazioni ad iniziare da Basilio Cascella ed i suoi tre figli Tommaso, Michele e Gioacchino, fino ad arrivare alle ultime generazioni viventi, poco più che quarantenni.

Nei diversi campi artistici nei quali ciascun artista della dinastia si è cimentato, e si cimenta, della litografia, pittura, ceramica, decorazione di interni, scultura, fotografia, editoria, ciascun menbro lo ha fatto esprimendo la propria personalità artistica in modo autonomo e diverso l’uno rispetto all’altro.

 

Il capostipite.

Tutto ha inizio con il genio versatile di Basilio Cascella, personaggio multiforme che fu pittore, ceramista, litografo, editore e che diede l’avvio a quella bottega d’arte dove crebbero e si formarono i tre figli e che fu frequentata dai più rappresentatvi artitsti abruzzesi, e non solo, dell’epoca.

La sua principale carattersitica è stata quella di avere saputo unire tra di loro, riconoscendo a ciascuna il prorpio intrinseco valore, le arti così dette minori con quelle maggiori, valorizzando sempre l’aspetto artigianale.

Nato a Pescara nel 1860 da Francesco Paolo, sarto, ricamatore e decoratore, e da Marianna Siciliani.

E’ dal papa Francesco Paolo che Basilio, assieme al fratello Ernani, maestro di musica, che apprese lʼamore per lʼarte.

Nella sua arte pittorica è predominante, specie nella prima fase, la componente verista napoletana che lo avvicina molto al conterraneo Francesco Paolo Michetti. Risalgono a tale periodo I suoi primi dipinti ad olio che sono oggi conservati nel Museo Cascella di Pescara, si tratta di Ritratto di Vincenzo Irolli, Nudo di Bambina e Ritratto della madre.

E’ del 1894 l’olio su tela “Il suono e il sonno“, oggi nel palazzo della Prefettura di Chieti, vasta tela simbolista esposta sia a Napoli che a Brera e Milano e che viene definita unanimente come l’opera più importante della produzione pittorica dell’artista.

Nel 1889 si sposò ad Ortona con la Guardiense Concetta Palmerio, figlia del veterinario Francesco Paolo Palmerio e sorella di Benigno anch’egli veterinario, che ricoprì l’incarico di segretario di Gabriele d’Annunzio alla Capponcina negli anni del 1898 al 1910.

La coppia ebbe sette figli, il primogenito Tommaso al quale seguì dopo due anni Michele, le quattro ragazze, Maria, Serafina, Clorinda e Noemi. Mentre l’ultimo figlio fu Gioacchino, nato nel 1903.

Parallelamente all’attività pittorica, Basilio si dedica a quella di litografo.

Nel 1885, dopo gli anni vissuti tra Milano e l’Abruzzo, rientrato a Pescara, su un terreno in via Acacie concessogli dal Consiglio Comunale, a patto che  provvedesse ad erigervi un laboratorio artistico di pittura ed arti affini, apre uno stabilimento cromolitografico che divenne ben presto una bottega artistica poliforme. Ed è qui che nasce il progetto, poi divenuto realtà, della fondazione di una elegante rivista di arte e letteratura dedicata alla sua regione l’Illustrazione abruzzese, siamo nel 1899, che voleva essere lo strumento di valorizzazione e promozione della rinascita culturale della regione. Della rivista Basilio fu oltre che l’ideatore anche il coordinatore e principale illustratore, dando alcune delle sue maggiori prove grafiche. Nonostante la collaborazione di illustri intellettuali conterranei, per motivi economici la rivista cessò di essere prodotta dopo l’uscita del quinto numero. Seguì la pubblicazione dell’editoriale l’Illustrazione Meridionale, rivista quindicinale alla quale collaborarono, tra gli altri, Matilde Serao, Edoardo Dal Bono e Salvatore Giacomo ma anche in questo caso, motivi economici, impedirono alla pubblicazione di andare oltre il terzo numero. Nel frattempo continuava l’attività pittorica dell’artista che diede alla luce, negli anni tra il 1900 e 1904, il Bagno della pastora, olio tu tela attualmente esposto al museo Cascella. Posarono per l’opera la moglie del pittore e l’amico Vincenzo Bucci. La tela venne inviata alla Biennale di venezia del 1903 ma rifiutta a causa del ritardo nell’arrivo. Per un disguido postale rimase presso la stazione di Ancona per più di venti anni.

Sono questi gli anni anche delle importanti produzioni litografiche tra le quali spicca quella raffigurante Il ritratto di Donna Luisa De Benedictis, madre di Gabriele d’Annunzio e che Basilio Cascella consegnò direttamente al poeta giunto a Chieti nel giugno del 1904 per assistere alla prima rappresentazione teatrale de La Figlia di Iorio presso il Teatro Marruccino di Chieti. Per la stessa occasione Basilio publicò un piccolo  fascicolo dal titolo Pescara e Gabriele d’Annunzio, sul quale comparve un primo disegno del figlio Tommaso, all’ora quindicenne. D’Annunzio apprezzò molto il disegno del ragazzo che omaggiò con una copia della tragedia con dedica.

Sempre nel 1904, venne rilanciato il progetto di rinascita della Illustrazione Abruzzese. Vincenzo Bucci, Vincenzo Alicandri e Andrea Pascale, sono alcuni degli artisti che affiancarono Basilio in questa nuova avventura che, purtroppo, ebbe termine una volta giunti alla pubblicazione del quinto numero, anche in questo caso per motivi economici.

A questi anni risalgono anche la pubblicazione di diverse serie di cartoline postali illustrate. Lo “Stabilimento litografico B. Cascella e C.” diede alla luce stampe dʼartista, etichette, pubblicazioni, immagini devozionali, illustrazioni per libri, cartoline.

L’Abruzzo con le sue donne prospere, gli uomini, i vecchi, i bambini e la natura agreste, i lidi della costa abruzzese, i pastori che suonano, saranno il leit motiv di tutte le opere di Basilio Cascella.

Intanto, nella fucina di via delle Acacie, che era divenuto nel punto di incontro di artisti e letterati, crescevano immersi nell’arte, e per l’arte, i tre figli maschi  Tommaso, Michele, Gioacchino.

Basilio si dedicò alla loro formazione artistica nonostante i problemi economici che, con molta tristeza del capostitpite, portarono al fallimento dello Stabilimento Cascella.

Tommaso e Michele faranno il loro esordio nel 1906 all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Milano dove espongono una serie di pastelli che verranno apprezzati dalla critica.

Dal 1920 Basilio si dedicò prevalentemente alla produzione ceramica che espose con successo alle “Biennali Internazionali delle Arti decorative” di Monza, di questo periodo sono i grandi pannelli in maiolica dello Stabilimento Termale Tettuccio di Montecatini (1926-1927) . Nel 1928 si trasferì a Roma dove lʼanno seguente venne eletto deputato. Nonostante la tarda età rimase attivo fino a poco prima della morte avvenuta nel 1950.

 

La seconda generazione.

Il primogenito Tommaso, nato ad Ortona nel 1890, si formò artisticamente presso la bottega del padre che frequentò unitamente al fratello Michele, più piccolo di due anni. Il suo esordio risale al 1094 in occasione della esposizione artigianale di Chieti dove esordì esponendo dei pastelli, mentre l’anno successivo inziò a cooperare con litografie e disegni con la rivista “l’Illustrazione Abruzzese” curata dal padre.

Nel 1906 espose 45 pastelli alla Mostra Nazionale di Belle Arti che si tenne nelle sedi di Milano, Firenze e Roma. Il successo fu tanto che l’anno successivo, assieme al fratello Michele, allestì la prima personale a Milano, presso la sede dell’Associazione la Familgia Artistica. La fama di Tommaso è in crescendo, tanto che il giovane negli anni avvenire esporrà nelle più importanti mostre nazionalli. Grazie all’interessamento del padre, nel 1909, assieme sempre al fratello Michele, Tommaso esporrà a Parigi in una personale presso l’importante galleria d’arte Duret. Le opere esposte saranno complessivametne centosedici.

Il riscontro della critica è unanime e positivo per il giovane artista diciotenne che mostra uno stile molto vicino a quello del padre Basilio.

L’influenza artistica impressionista, post impressionista e puntinista del soggiorno francese si riverbera subito sul giovane artista come è ben evincibile dalle opere La Spiaggia, del 1910 e Barca Gialla, del 1911.

Nel 1914 pubblicò un volumetto “Con DʼAnnunzio a Parigi” in cui racconta come fu scambiato per una spia, mentre dipingeva dal vivo scene di guerra sul fronte tedesco e imprigionato, ma poi liberato grazie allʼintervento di Gabriele dʼAnnunzio che in queqli anni viveva in esilio volontario a Parigi.

Nel 1915 sposa Sausanna Federman, figlia di un ingegnere Tedesco, dalla quale avrà sette figli.

Dal 1918 Tommaso affianca il padre in numerose commissioni ceramiche e l’anno successivo si reca assieme al padre ed al fratello Michele a Civita Castellana, nel viterbese, presso la fornace Percossi. Nel 1924 collabora con il padre alla decorazione della grotta-sacrario di Bocca di Valle dove sono custoditi I resti della medaglia doro al valore militare di Andrea Bafile. Nel 1927 collabora sempre con il padre al decoro dello Stabilimento Termale Tettuccio di Montecatini. 

Negli anni successivi esporrà alle Biennali di Monaco di Baviera, Sofia, Bucarest, Varsavia e Budapest. Tra il 1936 e 1937 realizzerà esemplari unici di piatti  e vasellame per la societò Richard-Ginori. Nel 1939 assieme al padre ed al fratello Michele partecipa alla decorazione musiva della stazione marittima di Messina.

Parteciperà anche alla seconda Guerra mondiale ed al suo rientro insegnerà presso l’Istituto d’arte di Penne e dal 1953 al 1961 presso quello di Chieti dove è titolare della cattedra di disegno dal vivo e direttore della sezione di ceramica. A Pescara, intanto, apre uno studio laboratorio e si dedica alla raccolta delle opere del padre, del fratello Michele e dei figli Andrea e Pierto che poi donerà al Comune di Pescara assieme allo stabilimento litografico del padre.

Muore a Pescara il 2 dicembre del 1968.

Tommaso è più schivo e riservato rispetto al fratello Michele, figura più internazionale. Molto probabilmente la sua maggiore riservatezza lo faranno apprezare meno dalla critica che per molti anni lo mette da parte, nonostante sia considerato uno degli artisti più rappresentativi nel panorama abruzzase tra le due guerre mondiali.

Il secondogenito Michele è il più noto dei tre figli di Basilio. Dipingeva con delicatezza fiori colorati su prati verdi, alberi fioriti a tinte tenui o nei caldi colori dell’autunno, il mare, le colline ma anche le strade cittadine.

Dotato di un carattere affabile e sottile ironia, guardò a un orizzonte cosmopolita e ben presto si seppe  inserire negli ambienti più qualificati degli Stati Uniti dove fu influenzato dalle correnti espressive della grande arte contemporanea in particolare dal Surrealismo.

Nato ad Ortona il 7 settembre 1892 e, come il fratello Tommaso, fu allievo del padre Basilio. Esordì nel 1907, assieme la fratello Tommaso, con la sua prima mostra nella Famiglia Artistica di Milano, che verrà riproposta nel 1908 al Caffè Ligure di Torino e poi alla Galleria Druet di Parigi nel 1909.

La sua tecnica prevalente è rappresentata dallʼutilizzo del pastello, avvicinandosi al simbolista Michetti.

Intorno agli anni Dieci frequentò gli ambienti culturali milanesi dove incontrò Sibilla Aleramo che gli fece conoscere Filippo Tommaso Martinetti, Umberto Boccioni e Margherita Sarfatti.

Come il fratello, anche Michele durante la prima guerra mondiale fu soldato ed i suoi ricordi visivi sono esposti al Museo del Risorgimento ed alle Raccolte Storiche di Milano.

Alla fine della guerra rimase a Milano dove si dedicò anche all’attività incisoria ed alla ceramica.

Nel 1924 espose alla Biennale di Venezia e, nellʼanno successivo, allestì una personale alla Galleria Pesaro di Milano, ben recensita da Carlo Carrà un gran sostenitore del primitivismo nella pittura di Michele.

Le sue vedute marine e urbane, i ritratti femminili gli valsero un grande successo e lʼinvito a tutte le Biennali di Venezia fino al 1942.

Negli anni trenta utilizza la tecnica dellʼacquarello ed i soggetti rappresentano prevalentemente vedute di città. Espone le opere a Londra, Parigi e Bruxelles.

Nel 1933 collabora con il “Corriere della Sera” con disegni raffiguranti importanti località italiane.

Nel 1934 soggiorna in Libia, successivamente riceve un incarico da parte della principessa del Piemonte di eseguire un ciclo di dipinti sul paesaggio dellʼItalia meridionale.

Dopo iI primo contatto con gli USA, dal 1959 trascorse lunghi periodi in California dove certe coste californiae gli ricordavano alcuni scorci della Riviera adriatica anche se il paesaggio americano si rivelava poi diverso da quello della regione natia di cui sentiva la mancanza tanto che fu proprio a New York che dipinse il primo quadro che rievocava la costa tra Ortona e San Vito Chietino dove d’Annunzio aveva ambientato il “Trionfo della Morte”.

La sua era una pittura piena di colore, luminosa e colma di voglia di vivere.

Campi di grano e papaveri, paesaggi della costa a bruzzese, nature morte e scorci di Portofino rappresentano I soggetti degli ultimi anni dell’artista che morì a Milano il 29 agosto del 1989.

Le sue opere sono oggi esposte nei maggiori musei d’Europa e d’America.

Gioachino, nato a Pescara nel 1903, è l’ultimo figlio di Basilio; di carattere schivo e riservato, si forma sotto la guida del padre seguendo I passi dei fratelli maggiori.

Scarne sono le notizie storiche di questo artista che, al contrario dei fratelli, specie Michele, si isolò e scelse per sé il paese di Rapino quale punto da cui osservare il mondo e che elesse a soggetto privilegiato della sua arte.

A quindici anni abbandona gli studi tecnici per dedicarsi all’apprendimento artistico caratterizzzato anche da un breve periodo di formazione presso la bottega del ceramista Luigi Bozzelli.

Predilige, al contrario dei fratelli, l’arte ceramica, tanto che nel 1923 allestisce la prima mostra di opere in maiolica presso il Circolo citttadino di Mantova. Nel 1926, assieme al padre ed al fratello Tommaso si dedica alla decorazione dello Stabilimento Tettuccio di Montecatini (Pistoia), dove gli splendidi pannelli sono tuttora esposti.

La passione per la ceramica lo portò con il tempo a dedicarsi in maniera quasi prevalente alla realizzazione di pezzi in ceramica, piatti, boccali, mattonelle i cui soggetti prevalenti sono motivi campestri, decori floreali e paesaggi abruzzesi. Gli anni trenta rappresentano per Gioacchino anni di buona fama, tanto che espone in una personale a Roma nel 1934 e nel 1936 patecipa alla terza mostra regionale d’arte d’Abruzzo e Molise.

Terminati gli eventi bellici Gioacchino decise di ritirarsi nella amata Rapino (ch), nota per la tradizione artiginale della ceramica e dove continua la sua porduzione ceramica.

Gioacchino, tuttavia, si dedicò anche alla pittura, lasciandoci acquerelli di grande intensità e di gusto ottocentesco e che hanno come soggetto prevalente l’amato paese. Tre sono le opere pittoriche di maggiore interesse  Nevicata a Rapino”, intensa e suggestiva rappresentazione del borgo posto ai piedi della Majella imbiancato dalla neve in cui i colori chiari prevalgono in modo quasi esclusivo, il secondo è sempre rappresentanto da uno scorcio del borgo, ma trattasi di opera incompleta, il terzo “Paesaggio a Rapino” raffigura una veduta del paese ripresa dal basso da una strada che, snodandosi tra gli alberi, si inerpica fin sull’abitato.

L’artista mite, buono e che si accontentava delle cose semplici che un paesino può dare, muore a Guardiagrele (ch) nel 1982 all’età di 79 anni.

La terza generazione.

I figli di Tommaso.

Andrea è il primogenito di Tommaso, nato a Pescara nel 1919, svolge anche lui l’apprendistato sotto l’attenta guida del nonnno Basilio e del padre, seguendo la tradiziona di famiglia.

Anche lui artista poliedrico, raffinato disegnatore, pittore e ceramista, ma è la scultura che rappresentò la sua vera passione e che gli diede pregio e fama internazionale tanto da divenire commissario della Biennale di Venezia e rettore dellʼAccademia delle Belle Arti di Brera.

Consegue giovanissimo una borsa di studio per la scuola di ceramica presso lʼIstituto Statale dʼArte di Faenza.

Partecipa agli eventi bellici, al termine dei quali, assieme al fratello Pietro si trasferisce a Roma, dova riprende ad esercitare lʼarte della pittura e della ceramica che il padre riteneva le vie più congeniali al suo talento.

Ben presto, però, prenderà la via della scultura cosa che farà anche il fratello Pietro con il quale collaborerà nella realizzazione di opere monumentali come quella vincitrice, nel 1958, del Concorso internazionele per il monumento di Auschwitz.

La pietra che Andrea incide e spezza rappresentò l’elemento principale della sua arte, creando un dinamismo ed una invenzione continua tale da rende ogni opera a se stante, unica, con un variare di linee e figure sempre diverse le une dale altre.

Ciò rende l’artista, a seconda della crirtica prevalente, un punto di rifeirmento nel panorama artistico contenporaneo.

Tra le sue opere monumentali maggiori si ricordano I Monumenti ai Caduti della Libertà dei cimiteri di Romagnano Sesia e di Casale Cerreto.

Nel 1964 vince il Gran Premio della Scultura nella Biennale di Venezia e la sua arte si diffonde in Europa e in America. Nel marzo 1980 è nominato direttore dellʼAccademia di Brera dove era già docente di scultura e nel 1990 viene nominato Accademico dei Lincei, morià nello stesso anno.

 

Pietro, è il secondogenito di Tommaso e come il fratello Andrea, ha iniziato la sua carriera artistica, seguendo le orme di familgia e sotto la guida artistica del nonno Basilio e del Padre, come pittore e ceramista.  Ma è come scultore che ha consolidato la sua fama mondiale.

Nato a Pescara nel 1921, nel 1938 si trasferisce a Roma dove frequenta lʼAccademia delle belle Arti.

Dopo aver praticato la pittura, che abbandona nel primo dopoguerra, si dedica alla scultura in pietra e bronzo a partire dagli anni Cinquanta. 

Agli anni 1948 e 1956 risalgono le sue prime partecipazioni alla Biennale Internazionale di Venezia, dove 1958 vince insieme al fratello Andrea il concorso internazionale per il Monumento di Auschwitz.

Da quel momento le sue opere avranno un’impronta a sfondo sociale alternata a progetti di scultura su scala urbana come lʼArco della Pace a Tel Aviv, lʼEuropa a Strasburgo, il Monumento a Mazzini a Milano, lʼAgorà allʼUniversità di Chieti, la Porta della Sapienza a Pisa e a Pescara la Nave, realizzata nel 1987 in marmo di Carrara .

La monumentalità, l’energia e la forza della pietra sono le caratteristiche principali dell’opera di Pietro che lavora il marmo con grande tecnica ed abilità.

Muore a Pietrasanta nel 2008.

 

La quarta generazione.

I figli di Andrea e Pietro.

 

Marco, è il figlio unico di Andrea. Nasce il 13 febbraio 1949 a Gozzano (Novara), si laurea in medicina con specializzazione in ginecologia, ma eredita dal padre la passione per l’arte.

Il suo campo è la pittura che, sebbene abbia preso il sopravvento sulla professione medica, convive con quest’ultima.

La sua prima mostra è stata realizzata a Pavia nel 1986, quattro anni prima della morte del padre.

Predilige le figure geometriche, astratte, lineari, con un linguaggio che alcuni ritengono si ispiri a quello virutale dei videogamens ed attraverso il quale narra I giochi della vita in un viaggio fantastico.

 

Tommaso junior, è il primogenito di Pietro. Nato a Roma nel 1951 è cresciuto seguendo gli insegnamenti del padre. Artista affermato sulla scena dellʼarte italiana, sia nella pittura che nella scultura, tanto che le sue opere interagiscono così che il quadro si fa teatro e rimanda a segni scultorei e le immagini tridimensionali della scultura si riconoscono nelle grafie che animano le tele.

Le sue costruzioni astratte contengono simboli universali come segnali alchemici o ” alfabeti” dagli imprevedibili sviluppi. 

Lʼuso del torchio simile a quello usato dal bisnonno Basilio, lo aiuta nellʼesercizio del segno e del colore che sono essenziali alla sua arte.

 

Susanna, è la secondogenita di Pietro, vive e lavora a Roma.

Il percorso di decoratrice emerge nei suoi quadri colorati che sembrano ricami;  dipinge anche su tessuto con tratti essenziali e carichi di colore. 

Jacopo, è l’ultimo dei figli di Pietro, è nato a Carrara il 7 aprile del 1972 dove ha conseguito la maturità presso il liceo artistico passando poi allʼAccademia di Belle Arti di Firenze dove nel 1997 si è diplomato nel corso di pittura con una tesi in Storia della Musica su “Quadri di una Esposizione” di Mussorgsky alla cui opera musicale si è ispirato in un ciclo di disegni e dipinti.

E’ anche incisionista. Ha illustrato con 90 tavole “La Storia Vera” di Samostata (1°sec. d.c.) insieme a Mirko Berrettini con cui ha decorato con incisioni il “Don Chisciotte” di Pietro Poesca.

Ha partecipato a mostre collettive quali “Artisti slavi e italiani” allʼAccademia del Giglio a Firenze e “Da padre in figlio” a CastellʼArquata. Sue mostre personali sono state allestite a Milano “Opera Prima” e a Parma “La Storia Vera”.

Ha realizzato le tre grandi vetrate per la cattedrale di Francavilla al Mare e ad una grande scultura in marmo destinata allo spazio pubblico.

 

Quinta generazione.

 

Matteo, figlio di Tommaso Junior, è al momento l’ultimo esponente della quinta generazione della famiglia Cascella che firma i suoi lavori con il nome Basilè, in omaggio al capostipite e riafferma con la sua ricerca sui nuovi linguaggi dellʼarte, la persistenza intuitiva della “modernità” di Basilio.

E’ nato a Roma nel 1974, dove vive e lavora. Inizia la sua professione artistica nel 1994 partecipando ad importanti e significative rassegne della nuova arte contemporanea sia in Italia che in Europa.

Molte mostre personali hanno avuto come palcoscenico la città di Roma.

 

Fonti: “i Cascella – Basilio Tommaso Michele e Gioacchino – un secolo di pittura dal Verismo al Poatimpressionismo”, a cura di Giovanbattista Benedicenti e Raffaella Cordisco, Fondazione Pescara e Abruzzo Ianieri Edizioni, 2014.

Abruzzo24ore.tv – 13.10.2013.

 

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