Le “farchie” di S. Antonio Abate a Fara Filiorum Petri

Farchie

 

Se v’è una località in Abruzzo dove coralità e spettacolarità si fondono in una fantasmagorica allegoria del fuoco, questa è Fara Filiorum Petri.

Nel piccolo centro del Chetino, posto lungo la valle del fiume Foro, la rifondazione del tempo ed il Capodanno Agrario sono celebrati attraverso il ciclo festivo di Sant’Antonio Abate con una serie di rituali che hanno inizio di norma ai primi di gennaio con la raccolta delle canne indispensabili per la costruzione delle 12 farchie, una per ogni rione o frazione del paese.

Di etimo incerto, il Finamore ci ricorda nel suo Vocabolario dell’Uso Abruzzese che farchia significa solo “fiaccola di canne” e se ne intuisce nel mondo rurale l’uso che in passato doveva risultare molteplice.

Le canne raggiungono tuttavia la massima sacralità e simbologia lustrale e protettiva nelle farchie di Sant’Antonio Abate. L’aspetto ludico esplode nei sestieri urbani nella rievocazione di giostre o di gare di abilità, mentre in un centro rurale – come appunto Fara Filiorum Petri – esso emerge nell’approvvigionamento furtivo delle canne (che per tradizione devono essere “rubate”), dei rami di salice, indispensabili per legare le farchie, e nella sorveglianza durante l’allestimento di queste straordinarie “torri” che ha inizio due o tre giorni prima della ricorrenza festiva.

Anche in questa fase residua una rivalità rionale che oggi non appare evidente come molti decenni fa, quando si concretizzava nella costruzione della farchia più alta, simbolo probabilmente di più accesa devozione e maggior attesa nell’azione protettiva del Santo, Signore degli animali da cortile e soprattutto del maiale, vera e propria “grascia” della casa contadina.

A causa di incidenti, talvolta anche luttuosi, la comunità è addivenuta ad una sorta di regolamento in base al quale le farchie non possono superare il metro di diametro ed i dieci metri di altezza.

Nel pomeriggio del 16 gennaio, vigilia della festa, le farchie vengono trasportate con trattori, che hanno sostituito ormai i carri tirati da buoi, sul piazzale antistante alla chiesa di Sant’ Antonio Abate e qui, con particolari accorgimenti, vengono issate ed accese. Durante il trasporto ogni farchia è seguita da gruppi festanti che intonano canti in onore del Santo.

Lo spettacolo che si presenta all’occhio della folla è indescrivibile, specie quando le prime fiamme cominciano a stagliarsi nell’oscurità e conferiscono alle farchie l’aspetto di possenti torri poste a difesa della chiesa di Sant’Antonio.

Anche nel modo di ardere delle farchie c’è competizione, perché ogni rione si tramanda oralmente particolari accorgimenti che devono restare segreti.

In una piccola comunità le tensioni che dividono i gruppi rionali devono trovare una ricomposizione metastorica ed ideologica, che secondo l’insegnamento del Sumner è finalizzata a rafforzare “il sentimento del noi”. Alla luce di una leggenda, popolare ma certamente non antica, Sant’Antonio avrebbe trasformato in soldati tutte le querce di un bosco che sovrasta Fara Filiorum Petri e gli alberi, che apparvero in fiamme alle truppe Napoleoniche durante l’invasione del regno di Napoli, atterrirono i francesi a tal punto da costringerli a fuggire ed il paese fu risparmiato così dall’occupazione.

La mattina del 17 gennaio oltre a quella del pane avviene la consueta benedizione dei carboni delle farchie, i quali secondo un consolidato cerimoniale vengono deposti e conservati dai devoti nelle stalle per il loro alto potere protettivo.

Alla stessa funzione apotropaica adempie il segno di croce, apposto sulla groppa dei cavalli e delle mucche con un tizzone spento delle farchie bruciate la sera precedente.

La “Signoria” esercitata sul fuoco da Sant’Antonio Abate si arricchisce così di un’altra potente simbologia espressa in questo caso dai carboni, i quali oltre a rappresentare una protezione per gli animali da cortile costituiscono  anche un potente rimedio contro il pericolo d’incendio delle stalle.

Franco Cercone

(su autorizzazione dell’autore, articolo già apparso sulla stampa nazionale)

 

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