“Qui il tempo non vale niente”

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Le foto di Paul Scheuermeier e Gerard Rohlfs

 

“Nel settembre del 1924 la nostra impresa era già a buon punto.

Lo stesso capomastro giunse a Roma perché a Serrone,

con l’aiuto dei suoi due garzoni di bottega,

si saldassero insieme le parti settentrionale e meridionale dello stivale.

Dopoché qui, alla presenza del maestro, venne eseguita la fusione,

ognuno dei due garzoni riprese la propria strada:

Rohlfs al Sud, Scheuermeier al Nord.

Era il 20 settembre 1924. Novant’anni fa”.

 

Novant’anni fa. Dopoché qui, alla presenza del maestro, venne eseguita la fusione, ognuno dei due garzoni riprese la propria strada:

Rohlfs al Sud, Scheuermeier al Nord.La bella foto scattata quel giorno a Serrone, vicino Frosinone, e le parole scritte da Paul Scheuermeier nel 1969 ci restituiscono oggi con immutata freschezza il clima di collaborazione e concreto impegno sul campo che furono tra i punti di forza di una vera, insuperata “impresa” scientifica: l’AIS, ovvero l’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale.

Ideata fra Berna e Zurigo dai linguisti svizzeri Karl Jaberg e Jakob Jud, questa monumentale opera poté realizzarsi grazie a un’intensa campagna di ricerca svoltasi fra il 1919 e il 1928 nella Svizzera italiana e lungo l’intera Penisola. Paul Scheuermeier, allievo di Jakob Jud, e il linguista berlinese Gerhard Rohlfs percorsero indefessamente il nostro territorio – il primo occupandosi della parte a nord, fino al Lazio e agli Abruzzi settentrionali, e il secondo di quella a sud, da questo confine ideale fino alla Sicilia. In Sardegna l’indagine fu condotta dal tedesco Max Leopold Wagner.

Fra il 1930 e il 1935, ulteriori “approfondimenti etnografici” a cura del solo Scheuermeier arricchirono notevolmente la documentazione già raccolta con altre informazioni tecniche, immagini fotografiche e pregevoli disegni del pittore Paul Boesch; materiali che, opportunamente selezionati, fra il 1943 e il 1956 confluirono nell’opera in due volumi dal titolo Bauernwerk in Italien, tradotta e pubblicata in Italia solo nel 1980.

Cosicché l’originario progetto, che aveva finalità principalmente linguistiche tese a rilevare sul campo le denominazioni locali degli oggetti del lavoro contadino, si ampliò fino alla creazione di un archivio di dati forse mai eguagliato sulla cultura materiale e l’artigianato rurale del nostro Paese nel periodo fra le due guerre. Tanto per fare qualche cifra, più di 400 furono le località indagate, ciascuna oggetto di una o più rilevazioni, circa 4.500 le foto, oltre 1.500 i disegni.

Un anno dopo quell’incontro a Serrone, nell’estate del 1925, iniziava dunque una nuova stagione di ricerca per l’Atlante: Scheuermeier e Rohlfs ripartivano proprio dalle contrade abruzzesi. Per il giovane svizzero era la prima volta nella nostra regione, mentre Rohlfs vi aveva già lavorato nei due anni precedenti. Inoltrandosi con ogni mezzo disponibile – in treno, in corriera, su carretti, a dorso di mulo e anche a piedi – attraverso un territorio spesso aspro e difficile, i due studiosi affrontarono disagi che richiesero loro di associare alle competenze scientifiche anche forti doti di adattamento e resistenza fisica.

Tra il 1923 e il 1930, essi fecero tappa in 16 località abruzzesi, comprese alcune oggi appartenenti al Lazio e al Molise.

Nel 1925 Scheuermeier toccò, in successione, Leonessa, Amatrice, Sassa, Capestrano, Montesilvano, Castelli, Bellante; dal Teramano risalì poi verso le Marche. Gerhard Rohlfs svolse, invece, una prima indagine già nel settembre del 1923 a Scanno e Morrone del Sannio; nell’autunno del 1924 fu a Roccasicura, in quello del 1925 a Tagliacozzo, Fara S. Martino, Crecchio e Palmoli. Ad agosto del 1926, si fermò a Trasacco. Infine, nel 1930 Scheuermeier si recò a Palmoli e a Civitaquana per i cosiddetti «approfondimenti etnografici».

Entrambi intervistarono contadini, pastori, artigiani; annotarono minuziosamente i dati linguistici, raccolsero notizie su caratteristiche e uso degli utensili relativi ai diversi cicli agricoli e alle attività casalinghe; effettuarono una sistematica rilevazione fotografica degli oggetti, degli informatori nell’atto di mostrare le tecniche di lavoro, degli ambienti campestri e domestici, delle abitazioni; corredarono ogni foto con una dettagliata scheda descrittiva; registrarono sintetiche informazioni sulle località e sui soggetti intervistati. E a tutto questo si aggiunsero i disegni di Paul Boesch, il diario di campo di Paul Scheuermeier e la sua corrispondenza – lettere e cartoline – con i “maestri” Karl Jaberg e Jakob Jud che dalla Svizzera seguivano costantemente l’andamento delle inchieste.

Da tanto impegno è così emerso un quadro di estremo interesse, per specialisti e non, sull’Abruzzo contadino di quegli anni, di cui oggi dà conto il progetto promosso dal Museo delle Genti d’Abruzzo e dal Dipartimento di Scienze Umane dell’Università dell’Aquila che si sta sviluppando attraverso tre iniziative complementari.

Innanzi tutto, il Convegno Internazionale di Studi Gli Abruzzi dei contadini nelle inchieste etnolinguistiche di Paul Scheuermeier e Gerhard Rohlfs, svoltosi presso il Museo lo scorso 20 settembre a cura del Prof. Francesco Avolio dell’Università dell’Aquila, ha consentito un aggiornamento del dibattito scientifico, apertosi già da diversi anni, sulla ricerca condotta in Italia per la compilazione dell’AIS, arricchendosi fra l’altro delle interessanti testimonianze di Robert Scheuermeier, figlio di Paul, e di Eckart Rohlfs, figlio di Gerhard, sulla personalità e gli studi dei loro illustri padri.

Nella stessa giornata è stata inaugurata la mostra Il tempo qui non vale niente. Paul Scheuermeier e Gerhard Rohlfs. Fotografi 1923-1930 a cura di Mariano Cipollini, che rimarrà aperta fino al 31 dicembre.

Progettata quale tappa conclusiva di un itinerario che dal 2 agosto al 2 settembre ha collegato le quattro esposizioni tematiche dal titolo Il tempo qui in altrettante località abruzzesi visitate dai due studiosi – Castelli, Civitaquana, Scanno e Palmoli –, la mostra pescarese conduce ora il visitatore lungo un suggestivo percorso fatto di oltre duecento immagini in bianco e nero: foto scattate durante le rilevazioni etno-linguistiche sul campo che, se per un verso si mostrano come puntuale documento di attrezzi e tecniche del lavoro agro-pastorale dell’epoca, da associare alle informazioni raccolte sul campo – finalità cui esse erano prioritariamente destinate nel programma elaborato dai “padri dell’Atlante” Jaberg e Jud – per l’altro rivelano uno sguardo partecipe delle condizioni di vita osservate, un’attenzione del tutto peculiare alle cose e alle persone.

Il titolo stesso della mostra –ispirato da una constatazione che Scheuermeier riporta su uno dei suoi verbali d’inchiesta, in un misto di rassegnazione e amarezza, per le difficoltà incontrate nell’individuare tempestivamente un buon informatore – rinvia in qualche modo al suo carattere di ricercatore pragmatico e rigoroso, sorretto, come del resto lo stesso Rohlfs, da una tenacia, un acume e un entusiasmo non comuni.

Furono anche queste le qualità che consentirono la raccolta dell’ingente mole di dati, in gran parte ancora inediti, oggi conservati e catalogati presso l’Archivio AIS dell’Università di Berna.

La riproduzione integrale dei materiali prodotti in Abruzzo – e veniamo qui alla terza iniziativa del progetto prima citato – ha permesso la realizzazione del volume Paul Scheuermeier, Gerhard Rohlfs. Gli Abruzzi dei contadini.

1923-1930 a cura di Francesco Avolio e Anna Rita Severini, in corso di pubblicazione.

Nel testo, alcuni saggi sui principali filoni della ricerca – dialettologico, etnografico, fotografico – introducono la presentazione dei materiali di rilevazione originali: i verbali d’inchiesta, le annotazioni fonetiche e linguistiche, i dati sugli informatori e le località studiate, tutte le foto con le schede illustrative, i disegni, i diari di campo, i carteggi.

L’opera, la prima relativa all’area del centro-sud Italia, va ad inserire l’Abruzzo in una serie di analoghe monografie regionali (già edite quelle di Trentino, Lombardia, Piemonte, Svizzera Italiana, Veneto, Emilia Romagna) che, a partire dalla metà degli anni Novanta, hanno iniziato ad attingere all’Archivio bernese con l’obiettivo di far conoscere e rendere fruibili nella loro interezza i risultati del grande lavoro svolto in Italia per il progetto AIS, un’indagine di straordinario spessore documentario e umano. Senza dubbio un prezioso, densissimo patrimonio di conoscenze e di emozioni.

Anna Rita Severini

(articolo pubblicato su D’Abruzzo n. 107, autunno 2014 – Edizioni Menabò)

 

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